come sarebbe bello vivere in un film.
si ma, non per l'happy ending, non per l 'adrenalina, né per gli attori (il bello e il buono ci sono sempre) ma soltanto per l'assenza dei tempi morti.
in un film, le scene si susseguono incalzanti, si passa dal tramonto all'alba, da new york a berlino, dalla gioia alla disperazione in un secondo. non c'è attesa, non c'è noia, tutte le emozioni hanno la vita di brevi istanti.
un concentrato efficace del meglio e del peggio, tutto si esaurisce in un attimo;
la vita reale, al contrario, è fatta di tempi morti...
quelle ore trascorse nella più totale disperazione, a crogiolarsi rivivendo con il pensiero un ricordo che fa male, quei pomeriggi passati nella noia a fissare l'orologio (dove appare certamente ovvia la relatività del tempo), quelle attese interminabili, la coda in auto, il dolore lancinante, la pasta che non cuoce, le giornate vuote, le lunghe malattie, l'autobus che non arriva, la toilette che non si libera...nei film tutto ciò non esiste.
il protagonista affranto da una delusione si dispera al massimo 20 secondi, e lo ritroviamo la scena successiva bello, vestito, pettinato che cammina in mezzo alla gente, come avesse già dimenticato tutto.
e poi ci sono i finali da "vissero felici e contenti" si ma dopo..cosa è successo? tutto termina all'apice della gioia, ma poi? quanto durerà quell'idillio che ci fanno assaggiare nei finali?
perché i film non si concludono mai con una scena del " 10 anni dopo"?
in fondo, il cinema piace proprio perché regala un sogno, perché è lontano dalla realtà, perché è alleggerito, pulito dalle pesantezze della quotidianità. tutto vissuto al massimo dell'intensità, ma in un breve istante.
nei film, però non nascono riflessioni, non ci sono ripensamenti né interrogativi, non c'e il tempo per la brutta e la bella copia, non c'e autodeterminazione ma solo un copione.
nella realtà, al contrario, sono i momenti vuoti a regalarci l'occasione per riflettere, discernere, valutare, decidere.
molte persone si riempiono le giornate con un'agenda fittissima proprio per evitare i tempi morti, difficili da sostenere perché la solitudine porta inevitabilmente a fare bilanci, a guardarsi allo specchio, a giudicarsi, ma se si trova un'equilibrio, gli attimi di isolamento diventano necessità.
sarà meglio vivere ai mille all'ora seguendo il corso degli eventi che ci vengono incontro, o procedere con lentezza, fermandosi ogni tanto a guardare la cartina, ad alzare lo sguardo per valutare le alternative a 360°?
perché il senso ancora non l'ho trovato, perché un senso lo trovo ogni giorno, perché i sensi ci uniscono al mondo
giovedì 29 marzo 2012
sabato 24 marzo 2012
sogno o son desta?
stamattina mi sono svegliata con una domanda in testa.
quanto i sogni sono motivazioni che ci spingono all'azione e quanto invece sono ideali fantastici solo se restano nella loro condizione statica di irrealizzabilità?
i sogni sono davvero quel perché che condiziona le nostre scelte e determina le strade da percorrere, oppure li costringiamo a rimanere irraggiungibili, perché temiamo ne derivi una delusione a lavori ultimati?
un ideale è tale perché non esperito?
i cosiddetti sognatori sono, a mio avviso individui futuristi, sensibili, liberi e fantasiosi, sono usciti dalla caverna e possono guardare oltre, distaccandosi dalla contingenza quotidiana e monotona.
ma chi invece, passa l 'intera esistenza a ricreare la sensazione del "sabato del villaggio" perché trova appagamento nella ricerca di qualcosa che non ha, ma non fa nulla per raggiungerlo?
il sogno può essere il fine stesso?
quante volte succede al raggiungimento dell'obiettivo di provare delusione, il premio non è poi così grande come ci aspettavamo, emergono i lati negativi che prima ignoravamo, ad averlo sottomano tutti i giorni ci si fa l' abitudine e perde così di fascino..
una meta è ciò che l'uomo necessita per vivere; raggiunta quella, scatta immediatamente la ricerca di una successiva, e cosi, si scala la montagna più alta, si corre la gara più lunga, si ambisce alla posizione di capo, si cerca la donna più bella.
la condizione di sognatore determina uno stato di irrequietezza e condanna all'infelicità eterna o, al contrario, regala quella spinta in più che rende l'essere umano attento al contorno, curioso e impegnato al miglioramento personale?
.....chi si accontenta gode?
......o vive in una bolla?
lunedì 19 marzo 2012
ti porto con me
quante persone percorrono accanto a noi il sentiero della vita perché le abbiamo scelte come compagni di viaggio e quanti invece ci si trovano per caso?
avevo un'amica all'asilo, si chiama Anna, ecco, ricordo bene che l'avevo scelta. lei è stata la mia prima "migliore amica", poi si è trasferita e l 'ho persa, ma dopo 25 anni di lontananza, sento ancora un legame, come se, nel momento in cui si decide di aprire le porte della nostra anima ad un altro individuo, questo fosse un patto per la vita.
ma quante volte possiamo affermare di aver davvero scelto una persona?
mi sembra che la maggioranza dei rapporti umani che caratterizzano la nostra società siano basati su fattori di comodo e siano estremamente superficiali: lo stesso lavoro, la stessa palestra, la bella casa, un possibile tornaconto.. possono essere questi davvero i motivi per i quali ci si confida con un altro individuo? amicizie nate così, perché casualmente ci si ritrova a condividere un istante spazio-temporale, che pretendono livelli di intimità altissimi, non fanno per me.
perché io ci credo davvero nella storia della mela e della sua metà.
perché solo chi ha la fortuna di provare la sensazione di un incastro perfetto, può cogliere la banalità degli altri legami.
il mio problema più grande è la dedizione; si perché un'affinità va coltivata giorno dopo giorno. troppe volte nella mia vita ho perso pezzetti della mia mela, perché basandomi sull'idea romantica della scelta per la vita, non mi ci sono dedicata, e la scelta rimane così, solo un dolce ricordo. troppe amicizie ho trascurato, trasformandole in un contatto di rubrica che non appare mai.
poi ci sono tutti gli altri rapporti, nati per condividere momenti di gioia soprattutto, si, perché, nessuno ha più tanta voglia di ascoltare, se si tratta poi di pensieri negativi, problemi, sfoghi, chi ce lo fa fare? ne abbiamo già dei nostri, no?!
relazioni che trovano uno spazio tra l'ora in palestra, l'aperitivo, il lavoro e la famiglia, incastrate nei buchi di una vita inutilmente frenetica.
l'amicizia ha le sue esigenze, ha bisogno di tempo per nascere, per crescere, per fortificarsi, donare tempo è il regalo più meraviglioso che si possa fare.
ma sembrerebbe proprio che quest'ultimo sia diventato la merce più rara; io credo che l'uomo si crei mille impegni fittizi ed inutili proprio per non avere momenti liberi da dedicare alla solitudine e alla riflessione. e così sentiamo dire" oggi proprio non ce la faccio", "se trovo un buco ti chiamo","sono presissima, scusa, ti chiamo settimana prossima" settimana prossima???
non sono così agile da gestire mille relazioni diverse, non funziono come pubblic relation, sono una frana con i rapporti a distanza, così mi concentro su pochi ma sicuri fari nella notte. ho meno amici che dita di una mano credo, ma sono certa che se chiamo non riceverò un appuntamento per la settimana prossima..
venerdì 16 marzo 2012
vado e torno in giornata
il momento più bello della giornata? decisamente quello in cui si appoggia la testa sul cuscino!
arriva quell'istante dolcissimo e morbido, nel quale, avvolti in un tepore da nido, rimane quel pizzico di lucidità che ti fa apprezzare il passaggio tra veglia e sonno nel quale si ha la consapevolezza di abbandonarsi alla seconda vita.
minuti di infinita rilassatezza, quando con il peso della giornata, del lavoro, dei pensieri tutti spalmati sulla schiena, si viene pervasi da una sensazione di leggerezza, di allontanamento da tutto, di partenza.
e così, inizia la seconda vita.
le percezioni forti e reali che si hanno durante il cosiddetto sonno, sono talmente uguali al sentito da veglia, da permetterci di vivere una vita parallela, spesso lontana fisicamente, con associazioni di persone e luoghi incredibili, con esperienze sensoriali di accadimenti che nell'altra dimensione rimangono speranze o incubi.
chi ha la fortuna di portarsi tra una dimensione e l'altra il ricordo del vissuto, certamente ne sarà influenzato nelle scelte che farà: la memoria storica prodotta dai nostri sensi ci influenza e ci guida al fine della sopravvivenza: litigare in sogno, così come trascorrere momenti romantici creano sensazioni dalle quali non si può prescindere e che ci influenzeranno istintivamente nei rapporti "reali" con i co-protagonisti.
e poi si ritorna, si aprono gli occhi, si riprende contatto con l'altra dimensione. infondo, l'alternarsi del ciclo sonno-veglia è un infinito viaggio, si parte e si ritorna, si parte e si ritorna.
trovo estremamente affascinante il non-controllo sullo stato di coscienza, e l'impossibilità di distinzione tra una dimensione e l'altra...
chi potrebbe in questo stesso istante affermare con certezza di trovarsi in condizione di veglia?
io di certo lo non saprei dire, so solo che vorrei tanto un the, ma, proprio come la realtà, questo sogno non è perfetto, perché nessuno me lo sta preparando, me lo devo fare da sola :-)
martedì 13 marzo 2012
tutto ciò non è normale
Justin Hall Tipping dice che noi umani abbiamo adottato la prospettiva di guardare il mondo attraverso la lente della normalità, ed è ciò che impedisce di trovare soluzioni reali.
assuefazione, normalità, rassegnazione.
guardare, lasciarsi sconvolgere dalle immagini, pensare e agire.
questo dovrebbe accadere, quotidianamente, capillarmente, singolarmente ed in gruppo, perché le grandi idee nascono sempre dal confronto.
parlarne, perché tacere non risolve mai la questione.
ed il cambiamento è possibile, il cambiamento parte quasi sempre dalla base e non dal vertice.
ed avviene con i piccoli gesti, non con le grandi manovre.
chiudere l' acqua mentre ci si lava i denti, riscaldare la cena avanzata del giorno prima, prestare attenzione ai prodotti in scadenza che si trovano nel frigorifero, non sono azioni inutili, sono GRANDI passi verso un mondo sostenibile.
perché vorrei smetterla di vergognarmi dell'essere umano e di come gestisce il suo mondo.
n.b.
- 5 lt al MINUTO l'acqua usata per lavarsi i denti
- un terzo dell'alimentare prodotto viene gettato (1,3 MILIARDI di tonnellate)
e poi mi dicono di "rilassarmi"......no comment
domenica 11 marzo 2012
dimmi con chi vai e ti dirò chi sei
sono sempre più convinta della validità dei proverbi. quante discussioni da adolescente con mia madre sulle "compagnie", buone compagnie, cattive compagnie...."è entrato in un brutto giro".ma quanto influenza veramente il gruppo a cui si appartiene? io credo tantissimo.
in modo totalizzante la capacità di adattamento dell'individuo lo porta senza scampo a plasmarsi ad immagine e somiglianza del prototipo richiesto dal gruppo, perdendo, o per lo meno nascondendo, la propria individualità.
ciò che è diverso fa paura e di conseguenza va eliminato.
quanti esempi la storia ci insegna di stermini senza quartiere basati su ridicole ed infondate motivazioni ( la dimensione del naso, l altezza, il colore degli occhi) tanto assurde, quando realmente accadute.
l'uomo è un essere impaurito, che cerca sicurezze nelle uguaglianze.
l'istintiva propensione a riunirsi, porta alla creazione quotidiana di gruppi, che ci danno l'illusione di essere protetti, di essere più forti, di essere accettati.
mangiare al tavolo "di quelli che contano", sedersi sull'autobus nei sedili in fondo, dove ci si siede chi è importante, essere invitato alle feste giuste, il golf club della domenica, la festa di capodanno..fin da piccoli e per tutta la vita si ricerca l'accettazione sociale, che sembra essere incompatibile con l'unicità.
e poi c'è chi finge, chi si adegua, chi recita il suo copione e riesce a mantenere lucidamente la propria capacità di discernere ciò che è giusto da ciò che sbagliato. si perché entrare in un gruppo significa aderirci completamente, in ogni circolo umano esiste una sola legge "o con noi o contro di noi" .
a partire dai boy scouts, per finire ai partiti politici: il dissenso non è gradito, la discussione è bandita e il cambiamento temuto. se vuoi farne parte, devi diventare un'icona del gruppo, vestire come ti dicono, camminare come ti dicono, parlare come ti dicono e persino pensare come ti dicono. il senso di comunità è certamente rassicurante, ma , a parer mio anche un po avvilente: quanti spunti, quante idee,quante innovazioni e migliorie si vanno perdendo a causa di questo modus operandi.
certamente anche io, in qualità di essere umano, sento la necessità di appartenere, e allego qui sotto il primo spunto che ho ascoltato e che mi ha fatto aderire senza condizioni né obiezioni alla visione schiavistica dell'uomo del XXI secolo. silvano agosti è una della mie fonti di ragionamento, di infinite divagazioni mentali, che spesso mi fanno sentire DIVERSA.
in modo totalizzante la capacità di adattamento dell'individuo lo porta senza scampo a plasmarsi ad immagine e somiglianza del prototipo richiesto dal gruppo, perdendo, o per lo meno nascondendo, la propria individualità.
ciò che è diverso fa paura e di conseguenza va eliminato.
quanti esempi la storia ci insegna di stermini senza quartiere basati su ridicole ed infondate motivazioni ( la dimensione del naso, l altezza, il colore degli occhi) tanto assurde, quando realmente accadute.
l'uomo è un essere impaurito, che cerca sicurezze nelle uguaglianze.
l'istintiva propensione a riunirsi, porta alla creazione quotidiana di gruppi, che ci danno l'illusione di essere protetti, di essere più forti, di essere accettati.
mangiare al tavolo "di quelli che contano", sedersi sull'autobus nei sedili in fondo, dove ci si siede chi è importante, essere invitato alle feste giuste, il golf club della domenica, la festa di capodanno..fin da piccoli e per tutta la vita si ricerca l'accettazione sociale, che sembra essere incompatibile con l'unicità.
e poi c'è chi finge, chi si adegua, chi recita il suo copione e riesce a mantenere lucidamente la propria capacità di discernere ciò che è giusto da ciò che sbagliato. si perché entrare in un gruppo significa aderirci completamente, in ogni circolo umano esiste una sola legge "o con noi o contro di noi" .
a partire dai boy scouts, per finire ai partiti politici: il dissenso non è gradito, la discussione è bandita e il cambiamento temuto. se vuoi farne parte, devi diventare un'icona del gruppo, vestire come ti dicono, camminare come ti dicono, parlare come ti dicono e persino pensare come ti dicono. il senso di comunità è certamente rassicurante, ma , a parer mio anche un po avvilente: quanti spunti, quante idee,quante innovazioni e migliorie si vanno perdendo a causa di questo modus operandi.
certamente anche io, in qualità di essere umano, sento la necessità di appartenere, e allego qui sotto il primo spunto che ho ascoltato e che mi ha fatto aderire senza condizioni né obiezioni alla visione schiavistica dell'uomo del XXI secolo. silvano agosti è una della mie fonti di ragionamento, di infinite divagazioni mentali, che spesso mi fanno sentire DIVERSA.
venerdì 9 marzo 2012
meglio soli o male accompagnati?
condivisione o con-divisione?
da dizionario si legge "dividere con altri, avere in comune"...mmm...usati come sinonimi , mi appaiono invece come ossimori.
mi spiego: la condivisione ha solitamente un'accezione positiva, di crescita, ma ha al suo interno la parola "divisione" che, al contrario, conduce il pensiero ad una decrescita.. quindi?
forse la sua origine sta nel detto "mal comune mezzo gaudio?"
qualunque dolore, se comune, risulta forse più accettabile? se si, di conseguenza, una gioia per acquisire valore dovrebbe avere in sé il carattere dell'unicità? forse, ma io preferisco pensare alla parola condivisione come alla più dolce espressione di quel sentimento che regala all'essere umano il senso della sua esistenza, poiché sono certa che qualunque esperienza i nostri sensi possano fare, qualunque gioia, piacere, soddisfazione o godimento si possa provare, non avrà mai una dimensione di completezza se vissuto in solitudine.
da dizionario si legge "dividere con altri, avere in comune"...mmm...usati come sinonimi , mi appaiono invece come ossimori.
mi spiego: la condivisione ha solitamente un'accezione positiva, di crescita, ma ha al suo interno la parola "divisione" che, al contrario, conduce il pensiero ad una decrescita.. quindi?
forse la sua origine sta nel detto "mal comune mezzo gaudio?"
qualunque dolore, se comune, risulta forse più accettabile? se si, di conseguenza, una gioia per acquisire valore dovrebbe avere in sé il carattere dell'unicità? forse, ma io preferisco pensare alla parola condivisione come alla più dolce espressione di quel sentimento che regala all'essere umano il senso della sua esistenza, poiché sono certa che qualunque esperienza i nostri sensi possano fare, qualunque gioia, piacere, soddisfazione o godimento si possa provare, non avrà mai una dimensione di completezza se vissuto in solitudine.
mercoledì 7 marzo 2012
la musica ti porta via
non sono una fanatica della musica, ma devo ammettere che le note hanno un potere straordinario. sono in grado di far cambiare repentinamente e al di fuori di ogni volontà l'umore.
stai cercando una stazione radiofonica che ti faccia cantare, che ti accompagni, che ti rilassi ed improvvisamente ti imbatti proprio in quella canzone, quella che non ascoltavi da tanto tempo, che avevi quasi dimenticato che fosse stata scritta e ti rapisce e ti conduce là dove non avresti voluto andare, ti fa rivivere un'emozione, ti fa risentire un profumo, arrivi a percepire la gioia o il dolore esattamente come lo sentivi in quell'istante, flashback così reali che si guida per km senza accorgersene... potere della musica, si viaggia nuovamente e la relatività si palesa.
mi piace ascoltare queste note al mattino, il sogno continua......
stai cercando una stazione radiofonica che ti faccia cantare, che ti accompagni, che ti rilassi ed improvvisamente ti imbatti proprio in quella canzone, quella che non ascoltavi da tanto tempo, che avevi quasi dimenticato che fosse stata scritta e ti rapisce e ti conduce là dove non avresti voluto andare, ti fa rivivere un'emozione, ti fa risentire un profumo, arrivi a percepire la gioia o il dolore esattamente come lo sentivi in quell'istante, flashback così reali che si guida per km senza accorgersene... potere della musica, si viaggia nuovamente e la relatività si palesa.
mi piace ascoltare queste note al mattino, il sogno continua......
martedì 6 marzo 2012
schiava del viaggio
viaggiare...il viaggio presuppone una partenza e un ritorno, beh, per me conta sicuramente di più la prima dimensione. sono sveglia da poco, quindi ho appena concluso almeno un paio di viaggi durante le fasi mattutine di sonno; sto facendo colazione con un nuovo libro davanti a me e non si può certo negare che un libro sia una partenza..in più, questo libro parla di un viaggio quindi...doppia valenza! i films, beh...con i film ci si allontana dalla dimensione locale e temporale e la nostra mente si conforma alla trama..se non è viaggiare questo....
documentari, blog, fotografia, musica....tutto nella mia vita sembra essere attraente perché mi porta lontano.
sindrome da nomade inguaribile. ..
insoddisfazione, ansia da routine, inquietudine......saranno solo espressioni di una grande curiosità o saranno invece manifestazioni di un disagio portato dalla paura del cambiamento?
d'altronde il viaggio crea aspettativa ed eccitazione nelle fasi di preparazione e poi adrenalina alla partenza ,e poi sorpresa, stupore, gioia e tristezza, condivisione e solitudine, stanchezza e soddisfazione, perfino nostalgia di quell'angolo di mondo rassicurante, che visto da lontano appare un ricordo dolce, perché a tutti piace sapere che c 'è qualcuno che aspetta.
e poi c'è il ritorno...e la mente vola già alla prossima avventura. risulta più semplice accettare la fine di qualcosa sognando un nuovo inizio.
ed immancabilmente ed imprescindibilmente ci si ritrova diversi, il cambiamento è un'appendice del viaggio, una conseguenza inevitabile. ed è un cambiamento positivo, è una crescita perché respirando odori diversi, incontrando volti sconosciuti, stringendo mani straniere, mangiando cibi nuovi e sentendo rumori mai ascoltati prima, si fa un passo avanti verso quella dimensione di "essere umano" tanto agognata.
avventura meravigliosa per i nostri sensi che possono così svegliarsi dal torpore creato dalla routine, e somministrazione di pillola di saggezza, perché solo dal confronto paritario con la diversità può nascere il buonsenso.
documentari, blog, fotografia, musica....tutto nella mia vita sembra essere attraente perché mi porta lontano.
sindrome da nomade inguaribile. ..
insoddisfazione, ansia da routine, inquietudine......saranno solo espressioni di una grande curiosità o saranno invece manifestazioni di un disagio portato dalla paura del cambiamento?
d'altronde il viaggio crea aspettativa ed eccitazione nelle fasi di preparazione e poi adrenalina alla partenza ,e poi sorpresa, stupore, gioia e tristezza, condivisione e solitudine, stanchezza e soddisfazione, perfino nostalgia di quell'angolo di mondo rassicurante, che visto da lontano appare un ricordo dolce, perché a tutti piace sapere che c 'è qualcuno che aspetta.
e poi c'è il ritorno...e la mente vola già alla prossima avventura. risulta più semplice accettare la fine di qualcosa sognando un nuovo inizio.
ed immancabilmente ed imprescindibilmente ci si ritrova diversi, il cambiamento è un'appendice del viaggio, una conseguenza inevitabile. ed è un cambiamento positivo, è una crescita perché respirando odori diversi, incontrando volti sconosciuti, stringendo mani straniere, mangiando cibi nuovi e sentendo rumori mai ascoltati prima, si fa un passo avanti verso quella dimensione di "essere umano" tanto agognata.
avventura meravigliosa per i nostri sensi che possono così svegliarsi dal torpore creato dalla routine, e somministrazione di pillola di saggezza, perché solo dal confronto paritario con la diversità può nascere il buonsenso.
lunedì 5 marzo 2012
sensi-bilità
7, 6 milioni di decessi infantili all anno (uncef)
3,5 milioni di vittime per mancanza di acqua (unicef)
57, 7% di bambini gravemente sottopeso nello stato di timor est nel 2010 (who)
25% di bambini sovrappeso (bcfn)
1.696.000 bambini sotto i 5 anni deceduti nel 2010 in India (who)
6 km : è la distanza media che le donne devono percorrere in Asia e Africa per giungere ai punti di raccolta dell’acqua ( unesco)
884 milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua potabile (unesco)
.....
si sente ma non si ascolta
si guarda ma non si vede
.....
come si può convivere con la consapevolezza della situazione della popolazione mondiale?
forse l 'essere umano non prova empatia,
forse si impone un distacco come forma di difesa da qualcosa che sarebbe emotivamente insopportabile,
forse la semplicità di pensiero porta a superficialità di approccio
o forse, il male altrove produce effettivamente un senso di benessere all'individuo.
immagini violente, morbose, irrispettose del dramma reale passano quotidianamente in televisione, ma non suscitano orrore o disperazione, ma indifferenza.
ci si può assuefare al dolore altrui?
la distanza fisica dal problema suscita sentimenti di infallibilità: non sarò mai un profugo in cerca di ospitalità, mio figlio non morirà di certo per una banale congiuntivite, non chiudo il rubinetto dell'acqua quando lavo i denti perché non è la stessa acqua che mia madre dovrà usare per cucinare e lavare i vestiti.
molto spesso penso ad una frase ripresa da matrix che mi colpì profondamente " ignorance is bliss"...... non sapere, non voler vedere, non pensare, non conoscere il sentimento dell'impotenza e il dolore che ne deriva aiuta a vivere meglio.
3,5 milioni di vittime per mancanza di acqua (unicef)
57, 7% di bambini gravemente sottopeso nello stato di timor est nel 2010 (who)
25% di bambini sovrappeso (bcfn)
1.696.000 bambini sotto i 5 anni deceduti nel 2010 in India (who)
6 km : è la distanza media che le donne devono percorrere in Asia e Africa per giungere ai punti di raccolta dell’acqua ( unesco)
884 milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua potabile (unesco)
.....
si sente ma non si ascolta
si guarda ma non si vede
.....
come si può convivere con la consapevolezza della situazione della popolazione mondiale?
forse l 'essere umano non prova empatia,
forse si impone un distacco come forma di difesa da qualcosa che sarebbe emotivamente insopportabile,
forse la semplicità di pensiero porta a superficialità di approccio
o forse, il male altrove produce effettivamente un senso di benessere all'individuo.
immagini violente, morbose, irrispettose del dramma reale passano quotidianamente in televisione, ma non suscitano orrore o disperazione, ma indifferenza.
ci si può assuefare al dolore altrui?
la distanza fisica dal problema suscita sentimenti di infallibilità: non sarò mai un profugo in cerca di ospitalità, mio figlio non morirà di certo per una banale congiuntivite, non chiudo il rubinetto dell'acqua quando lavo i denti perché non è la stessa acqua che mia madre dovrà usare per cucinare e lavare i vestiti.
molto spesso penso ad una frase ripresa da matrix che mi colpì profondamente " ignorance is bliss"...... non sapere, non voler vedere, non pensare, non conoscere il sentimento dell'impotenza e il dolore che ne deriva aiuta a vivere meglio.
sabato 3 marzo 2012
il mio angolo nel mondo
può un blog regalare la sensazione di trovarsi in un luogo assolutamente privato ma contemporaneamente fruibile dal mondo intero? paradosso tanto incredibile quanto realistico. luogo di inascoltate riflessioni introspettive o di possibili grandi confronti. ugualmente esaltante
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